42015Nov
I reati di impudicizia: atti osceni VS atti contrari alla pubblica decenza

I reati di impudicizia: atti osceni VS atti contrari alla pubblica decenza

Il codice penale italiano prevede, agli articoli 527 e 726, i reati di “atti osceni” e “atti contrari alla pubblica decenza”.

Sebbene nel linguaggio comune i due termini tendano spesso a confondersi, in ambito giuridico, al contrario, la distinzione è netta ed investe molteplici profili.

Anzitutto, il reato di atti osceni punisce una condotta moralmente riprovevole che è, nello specifico, marcata da una connotazione prettamente sessuale.

Il reato di atti contrari alla pubblica decenza è invece integrato da tutti quei comportamenti ritenuti scandalosi dalla collettività che, però, non hanno alcuna attinenza con la sfera sessuale.

E’ opportuno citare alcuni casi emblematici della nostra giurisprudenza che possono, meglio di qualunque definizione dottrinale, chiarire quali sono gli estremi ed i criteri distintivi dei due reati di cui si discute.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, ad esempio, risponde del reato previsto dall’articolo 526 c.p. chi consumi un rapporto sessuale in un’auto parcheggiata in ora diurna sulla pubblica via ed in modo tale da non sfuggire agli occhi dei passanti.

La stessa Corte ha però precisato che, diversamente, non è punibile colui il quale, nelle stesse condizioni di ora e luogo, si avvalga di particolari accorgimenti, quali l’utilizzo di vetri oscurati o l’uso di giornali per coprire i finestrini, per restare inosservato.

Per il Tribunale di Firenze, orinare in un luogo pubblico integra gli estremi del reato di atti contrari alla pubblica decenza o di atti osceni a seconda che l’atto fisiologico venga espletato occultando, o al contrario, in maniera tale da esibire agli astanti gli organi genitali.

La Corte d’Appello palermitana ha affermato che toccarsi in maniera energica le parti intime, integra gli estremi del reato di atti osceni solo se la condotta è finalizzata ad appagare la propria libido, ma non se connessa ad un semplice prurito intimo.

In tale caso, è però ravvisabile l’ipotesi di atti contrari alla pubblica decenza qualora lo sfregamento avvenga in maniera decisamente plateale.

Per il Tribunale di Lanusei, costituisce un atto contrario alla pubblica decenza e non atto osceno, quello commesso dall’imputato che, al fine di lavarsi, si era spogliato sul balcone di casa propria, esibendo la propria nudità all’intero condomino.

E’ importante evidenziare che gli atti considerati osceni o contrari alla pubblica decenza sono penalmente sanzionati a condizione che la condotta impudica venga perpetrata in un “luogo pubblico” o “esposto al pubblico”.

Con esclusivo riferimento al delitto di atti osceni, inoltre, occorre aggiungere che è prevista una specifica aggravante per chi commetta il fatto all’interno, o nelle immediate vicinanze, di luoghi abitualmente frequentati da minori.

La differenza tra i due illeciti in esame è indubbiamente rilevante, anche per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio (la pena prevista per gli atti osceni è quella detentiva ed è compresa tra tre mesi e tre anni di reclusione, gli atti contrari alla pubblica decenza, invece, sono puniti, a discrezione del giudice, con la pena alternativa dell’arresto fino a un mese o con una pena pecuniaria) ma non solo.

Infatti, con esclusivo riferimento al reato di atti contrari alla pubblica decenza viene concessa all’imputato la possibilità di “redimersi” chiedendo al giudice di essere ammesso all’oblazione, vale a dire, di poter versare nelle casse dello Stato una somma pari alla metà del massimo della pena pecuniaria prevista per tale reato (pari a circa € 1.300) ed ottenere, conseguentemente, una sentenza di proscioglimento.

Avv. Andrea Ricci

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