92016Ott
Gay o bisex? Quando l’attrazione è … al femminile

Gay o bisex? Quando l’attrazione è … al femminile

Molti pensano che l’orientamento sessuale delle persone sia descrivibile in termini di tre categorie ben distinte: gli etero, gli omo e i bisex. Coloro che sottoscrivono questo punto di vista di solito non ammettono vie di mezzo o sfumature, ma si aspettano che tutto si possa inserire perfettamente in una di queste tre caselle. I più integralisti ritengono addirittura che gli orientamenti sessuali siano in definitiva due: etero o non etero (cioè omo) e che la categoria del bisex sia un elemento borderline di rifugio per gli indecisi. Al contrario, altri sostengono che l’orientamento sessuale sia un qualcosa di molto più complesso e che sia meglio definibile se disposto lungo un continuum. Un’idea, quest’ultima, sicuramente non nuova che può essere fatta risalire ad Alfred Kinsey, dato che la sua classica scala di valutazione del proprio orientamento sessuale comprendeva ben sette gradazioni: 0 – esclusivamente eterosessuale; 1 – prevalentemente eterosessuale, omosessuale solo occasionalmente; 2 – prevalentemente eterosessuale, omosessuale qualcosa in più che occasionalmente; 3 – paritariamente eterosessuale e omosessuale; 4 – prevalentemente omosessuale, eterosessuale qualcosa in più che occasionalmente; 5 – prevalentemente omosessuale, eterosessuale solo occasionalmente; 6 – esclusivamente omosessuale.

Nel corso degli anni la Scala Kinsey è stata bersaglio di critiche e la sua validità è stata messa in discussione da coloro che si sono chiesti che cosa esattamente distingua un punto da un altro. Ad esempio, secondo i suoi detrattori non è chiaro cosa motivi, a livello soggettivo, l’autodefinizione del punto 5 (essere prevalentemente omosessuale) rispetto al 6 (essere esclusivamente omosessuale). L’argomentazione tesa ad affossare la scala si basava infatti sul dubbio che se da una parte il sentirsi prevalentemente omosessuali potesse effettivamente dipendere da un certo grado di attrazione verso le donne, dall’altra, in realtà, essi non fossero disposti ad ammettere di essere pienamente gay. Dunque, li distingueva una maggiore attrazione verso le donne o una minore attrazione verso gli uomini? Un nuovo studio (2016) pubblicato negli Archives of Sexual Behavior ha cercato di verificare quale di queste ipotesi concorrenti fosse maggiormente corretta. In questo studio, cinquantotto partecipanti hanno completato un sondaggio online sui loro atteggiamenti sessuali e le loro storie d’amore. Trentasei di questi uomini hanno poi continuato lo studio in laboratorio dove sono stati registrati i loro modelli di eccitazione genitale (registrando frequenza, durata e intensità dell’erezione) mentre guardavano diverse tipologie di filmati pornografici (etero, gay e lesbo). Al termine dell’indagine i ricercatori hanno classificato venti di questi uomini come al punto 5 della scala Kinsey – prevalentemente omosessuali – mentre i restanti trentotto sono stati classificati come al punto 6 – esclusivamente omosessuali. Rispetto alla classificazione Kinsey però le componenti psicologiche e fisiologiche dei partecipanti registrate nell’indagine hanno messo in luce alcuni aspetti nuovi. Ad esempio, alla domanda su quale effetto susciti in loro la prospettiva di fare sesso con una donna i “5” hanno riportato una maggiore reazione d’eccitazione ed una minore reazione di disgusto rispetto ai “6”. Inoltre, chi si definisce “prevalentemente omosessuale” ha mostrato un’eccitazione genitale maggiore, rispetto a chi si ritiene “esclusivamente omosessuale”, alla visione di porno lesbo. E’ interessante notare che l’eccitazione sessuale, sia soggettiva sia registrata strumentalmente, non differiva invece tra i due gruppi come reazione alla visione di filmati porno gay. In altre parole, entrambi i gruppi erano ugualmente eccitati dagli uomini ma ciò che li contraddsitingueva era la loro diversa eccitazione per le donne. Quali conclusioni potremmo dunque trarre? Sebbene questi risultati siano limitati in quanto ottenuti da un campione molto piccolo, le loro implicazioni potrebbero essere estremamente rilevanti. In prima battuta, tali risultati vanno apparentemente contro l’idea che i “prevalentemente omosessuali” non abbiano accettato di essere gay e abbiano una minore attrazione per gli uomini. Punto disconfermato dal fatto che entrambi i gruppi si eccitino alla visione di filmati gay senza alcuna sostanziale differenza. In seconda battuta, emerge dai dati come alcuni uomini gay siano in realtà attratti sessualmente dalle donne maggiormente di altri. Dunque il distinguo fra esclusivamente o prevalentemente non starebbe tanto in una minore attrazione per il proprio sesso, quanto in una maggiore attrazione per l’altro. A conclusione di quanto riportato, benché occorreranno numerosi altri studi in questa direzione, i risultati forniscono comunque un ulteriore supporto all’idea che l’orientamento sessuale sia meglio rappresentabile come un continuum, fatto di confini sfumati e non di categorie insuperabili, una componente della nostra identità molto più complessa di quanto la semplice tripartizione gay, etero e bisessuali possa farci credere.

trad. J.L.

Semon, T.L., Hsu, K.J., Rosenthal, A.M., & Bailey, J.M. (2016). Bisexual phenomena among gay-identified men. Archives of Sexual Behavior.

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